Per il Tribunale di Lecce non sono dovuti contributi previdenziali in caso di affitto d’azienda.

La sentenza del Giudice del Lavoro di Lecce, dott. Amato Carbone, segna un importante punto a favore per quegli imprenditori che – numerosissimi - si sono visti iscrivere d’ufficio, da parte dell’INPS, nella “Gestione commercianti” dell’Ente previdenziale.
Tale iscrizione, ed i conseguenti obblighi contributivi, hanno comportato per centinaia di titolari d’azienda l’esborso di decine di migliaia di euro e, in non pochi casi, addirittura la chiusura dell’attività.
La stessa sorte sarebbe potuta accadere ad un imprenditore che, nel maggio 2015, si vedeva recapitare dall’INPS di Lecce un avviso di addebito dell’importo di € 30.468,98 a titolo di contributi previdenziali derivanti dalla “Gestione commercianti” per il periodo gennaio 2005 - dicembre 2010.
Al malcapitato veniva in particolare contestato, a distanza di anni, di aver affittato la propria azienda ad un’altra società, dietro pagamento di canoni di affitto.
Tanto bastava all’INPS per l’iscrizione nella “Gestione commercianti” del soggetto in questione.
Allibito per la richiesta di denaro del tutto imprevista e ingiustificata, e grazie al patrocinio dell’Avv. Angelo Greco, del Foro di Lecce, l’imprenditore impugnava l’avviso INPS dinanzi al Giudice del Lavoro di Lecce, contestando la legittimità delle richieste avanzate dall’Ente pubblico.

Il Giudice dava piena ragione alle richieste del contribuente, annullando completamente l’avviso di addebito e condannando INPS al pagamento delle spese di giudizio.
In particolare, la sentenza emessa a firma del Dott. Carbone, la n. 2025 del 16.5.2017, ha rilevato come “l’onere della prova circa la sussistenza dei requisiti per l’iscrizione nella gestione commercianti grava su INPS. La stessa – nella propria memoria – ha rappresentato che la causa appare decidibile per tabulas e ha prodotto documentazione dell’Agenzia delle Entrate. Sul punto Cass. 23360/2016 – alla quale ci si riporta per quanto non trascritto ex art. 118 d. att. cpcp – ha rappresentato che “secondo quanto già affermato da questa Corte (Cass. 26 agosto 2016, n. 17370; Cass. 6 settembre 2016, n. 17643), l’attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d’impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. ord. 11 febbraio 2013), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. 19 gennaio 2010, n. 845). Ciò in quanto l’eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell’art. 2248 c.c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri. Nel caso di specie, la mera produzione di dati reddituali non è sufficiente a provare alcuno dei requisiti sopra descritti o comunque previsti dalla normativa di settore. Inoltre, non vi è neppure alcuna allegazione rispetto alla più generale sussistenza dei presupposti di legge per l'iscrizione nella gestione commercianti. Quanto sopra è confermato anche dalla giurisprudenza da ultimo richiamata dal ricorrente".”.
In sintesi, il Tribunale del Lavoro non ha ritenuto legittime le richieste formulate da INPS, in quanto non adeguatamente provate né sostenute da valide argomentazioni.
La sentenza appare particolarmente interessante, ed ha per questo avuto risonanza anche a livello nazionale, in quanto pone in rilievo un importante principio di diritto, ovvero che “l’obbligo di iscrizione del socio accomandatario alla Gestione commercianti dell'Inps non può essere desunta da elementi di carattere presuntivo, non rilevanti sul piano previdenziale, ma va effettivamente provato lo svolgimento di un’attività commerciale da parte di quest'ultimo anche se si tratta dell'unico socio accomandatario di una Sas” (cfr. Cass. Ord. n. 10087 del 24.04.2018).
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SEGUE IL TESTO DELLA SENTENZA DEL
TRIBUNALE DI LECCE, SEZ. LAVORO N. 2025/2017:
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TRIBUNALE DI LECCE REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale di Lecce, in composizione monocratica, in persona del dott. Amato Carbone, in funzione di giudice del lavoro, ha pronunciato, all'esito della camera di consiglio e con motivazione contestuale, la seguente
SENTENZA
nella causa iscritta al n. 955/2015 RG discussa all'udienza del 16/05/2017 promossa da: -M., rappresentato e difeso, con mandato in atti, dall' avv. GRECO ANGELO MATTIA
Ricorrente
CONTRO
-INPS , rappresentato e difeso dall'avv. B.N. e dall'avv. P.M.T. - SCCI spa
Resistente
FATTO E DIRITTO
Parte ricorrente ha contestato l'avviso di addebito n. 359 *** (euro 29468,98 periodo gennaio 2005/dicembre 2010) contestando il presupposto per l'iscrizione nella gestione commercianti. In particolare ha fatto presente che difetterebbe il requisito per l'iscrizione nella predetta gestione e in ogni caso ha fatto presente che l'attività di mera riscossione di canoni sarebbe comunque estranea all'ambito applicativo della norma fatta propria da INPS. INPS ha ribadito la correttezza del proprio operato. La costituzione non risulta effettuata anche per conto di SCCI spa. In primo luogo, va ribadito che l'onere della prova circa la sussistenza dei requisiti per l'iscrizione nella gestione commercianti grava su INPS. La stessa - nella propria memoria -ha rappresentato che la causa appare decidibile per tabulas e ha prodotto documentazione dell'Agenzia delle Entrate. Sul punto Cass. 23360/2016 — alla quale ci si riporta per quanto non trascritto ex art. 118 d. att. cpcp - ha rappresentato che "secondo quanto già affermato da questa Corte (Cass. 26 agosto 2016, n. 17370; Cass. 6 settembre 2016, n. 17643), l'attività di mera riscossione dei canoni di un immobile affittato non costituisce di norma attività d'impresa, indipendentemente dal fatto che ad esercitarla sia una società commerciale (Cass. ord. 11 febbraio 2013), salvo che si dia prova che costituisca attività commerciale di intermediazione immobiliare (Cass. 19 gennaio 2010, n. 845). Ciò in quanto l'eventuale impiego dello schema societario per attività di mero godimento, in implicito contrasto con il disposto dell'art. 2248 c. c., non può trovare una sanzione indiretta nel riconoscimento di un obbligo contributivo di cui difettino i presupposti propri". Nel caso di specie, la mera produzione di dati reddituali non è sufficiente a provare alcuno dei requisiti sopra descritti o comunque previsti dalla normativa di settore. Inoltre, non vi è neppure alcuna allegazione rispetto alla più generale sussistenza dei presupposti di legge per l'iscrizione nella gestione commercianti. Quanto sopra è confermato anche dalla giurisprudenza da ultimo richiamata dal ricorrente. INPS non ha quindi soddisfatto l'onere sulla stessa gravante. In sostanza, il ricorso va accolto e l'avviso di addebito impugnato annullato. Le spese seguono la soccombenza e sono a carico di INPS. Nulla va disposto rispetto a SCCI.
P.Q.M.
Il Giudice,
- visto l'art. 429 c.p.c., definitivamente pronunciando sul ricorso n. 955/2015, così provvede:
accoglie il ricorso e, per l'effetto, annulla l'avviso di addebito impugnato; condanna INPS al pagamento delle spese di lite e le liquida in euro 1800,00 oltre spese forfettarie (15%), iva e cpa nulla nei confronti di SCCI per le spese. Lecce, 16/05/2017
IL GIUDICE DEL LAVORO Dott. Amato Carbone
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