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Finanziamenti con garanzia al 100%. Sono illegittimi se utilizzati per consolidare debiti bancari

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La normativa emergenziale prevede due distinti canali per l’acquisizione di nuovo credito e per la rinegoziazione delle pendenze pregresse. Il rischio è quello di confondere gli strumenti stabiliti dalla legge.


A cura di Antonio Manco - avvocato tributarista

 

1. Perché, in base al decreto liquidità, non sono legittime operazioni di ristrutturazione del debito con garanzia pubblica al 100%.

Poniamo il caso che una piccola impresa faccia richiesta alla propria banca di un finanziamento coperto da garanzia pubblica al 100%, ai sensi dell’art. 13, comma 1, lett. m), del d.l. 23/2020 - c.d. decreto liquidità.

Poniamo, inoltre, che l’istituto proceda effettivamente all’erogazione di quanto richiesto, in ipotesi € 25.000, e che – tuttavia – le somme erogate vengano utilizzate in tutto o in parte per la ristrutturazione di un precedente debito a carico dell’impresa, collegato ad esempio ad un pregresso affidamento in conto corrente o ad un leasing o ad altre forme di finanziamento aziendale.

Ci si chiede, dunque: sarebbe legittimo tutto ciò?

Sarebbe legittimo, cioè, se un istituto bancario utilizzasse le garanzie pubbliche concesse in base alla normativa di cui al d.l. 23/2020 per consolidare precedenti esposizioni debitorie della propria utenza?

Tali quesiti appaiono quanto mai attuali, alla luce del fatto che sono già numerose le richieste di finanziamento garantito inoltrate da micro, piccole e medie imprese nei confronti degli istituti di credito presso cui le imprese stesse risultano già clienti; non è quindi affatto escluso che le banche, prese d’assalto con richieste di nuovi finanziamenti, possano approfittare della garanzia statale per sanare e coprire pendenze pregresse.

Su tale potenziale condotta, da parte degli istituti di credito, si esprimono tuttavia le seguenti riserve.

Ai sensi dell’art. 1, comma 2, lett. g) del d.l. 23/2020 “la garanzia copre nuovi finanziamenti concessi all'impresa successivamente all'entrata in vigore del presente decreto, per capitale, interessi ed oneri accessori fino all'importo massimo garantito”.

Inoltre, in base a quanto stabilito dalla lett. n) della medesima disposizione di legge “il finanziamento coperto dalla garanzia deve essere destinato a sostenere costi del personale, investimenti o capitale circolante impiegati in stabilimenti produttivi e attività imprenditoriali che siano localizzati in Italia, come documentato e attestato dal rappresentante legale dell'impresa beneficiaria”.

In base alle disposizioni citate, dunque, i finanziamenti garantiti al 100% da parte del Fondo PMI e SACE s.p.a. devono essere “nuovi” e destinati a ben specifiche finalità quali i costi del personale e gli investimenti in stabilimenti produttivi e in attività imprenditoriali.

Si ritiene, pertanto, che esuli da tali obiettivi un’eventuale destinazione a copertura delle precedenti debitorie bancarie delle somme erogate, perlomeno laddove la copertura pubblica sia richiesta a protezione integrale del nuovo finanziamento.

È bene precisare che né il soggetto erogatore né il soggetto beneficiario dei suddetti finanziamenti potrebbero di loro iniziativa derogare a tali previsioni normative, risultando queste ultime espressione di un interesse pubblico superiore alla volontà delle parti e costituito dalla “straordinaria necessità ed urgenza di prevedere misure in materia di continuità delle imprese, di adempimenti fiscali e contabili, di poteri speciali nei settori di rilevanza strategica, di disciplina dei termini nonché sanitarie”, così come espressamente previsto in premessa dal Decreto Liquidità.

Pertanto, a nulla varrebbe il consenso dell’impresa finanziata in caso di destinazione delle nuove somme erogate (garantite al 100%) a copertura di precedenti esposizioni debitorie. Una tale operazione finanziaria risulterebbe, in ogni caso, contra legem derivandone, come diretta conseguenza, la nullità della garanzia pubblica di cui al d.l. 23/2020, artt. 1 e 13, concessa a copertura del finanziamento de quo.

A parere dello scrivente ciò significa, tra l’altro, che sarebbe decisamente contraria agli interessi degli stessi istituti bancari l’operazione di indirizzare i menzionati nuovi finanziamenti ad operazioni di ristrutturazione dei debiti della propria clientela. Tale garanzia verrebbe, infatti, automaticamente meno sicché Fondo PMI e SACE s.p.a. potrebbero legittimamente contestare qualunque loro obbligo, nei confronti della banca, nel momento in cui il debitore principale dovesse risultare inadempiente.

Non è inoltre escluso che le imprese beneficiarie del finanziamento garantito potranno, nelle ipotesi suddette, formulare loro specifiche contestazioni contro gli istituti di credito.

Stante, infatti, la gravità dell’attuale situazione finanziaria ed economica collegata all’emergenza epidemiologica in corso, le imprese si pongono in una situazione estremamente fragile, talvolta di vera e propria sudditanza nei confronti dei soggetti chiamati ad erogare liquidità. In tale contesto, le banche rivestono un ruolo fondamentale, essendo state investite – da parte del Governo – di responsabilità fondamentali per la tenuta del tessuto sociale ed economico della classe imprenditoriale italiana.

Approfittare di tale posizione di responsabilità e privilegio risulterebbe dunque particolarmente discutibile, potendosi dare – nelle ipotesi più gravi – casi di sfruttamento dello stato di bisogno del soggetto debole del rapporto, con inevitabili conseguenze di natura civile (ad es., ex art. 1448 c.c.) e penale (ad es., ex art. 644, comma 4, c.p.).

2. Perché, ai fini della rinegoziazione e della ristrutturazione del debito, occorre fare riferimento alla norma di cui all’art. 13, comma 1, lett. e), d.l. 23/2020.

Quanto finora evidenziato non esclude affatto che banche e imprese possano individuare una strategia comune finalizzata a rinegoziare e ristrutturare il debito sulla base di una adeguata garanzia pubblica.

È lo stesso articolo 13 del d.l. 23/2020 a predisporre lo strumento adatto. Ci si riferisce, in particolare, al comma 1, lett. e) di tale disposizione: la norma prevede una copertura diretta nella misura dell’80% e del 90% in caso di riassicurazione sui finanziamenti a fronte di operazioni di rinegoziazione del debito del soggetto beneficiario, purché il nuovo finanziamento consenta l’erogazione al medesimo soggetto beneficiario di credito aggiuntivo in misura pari ad almeno il 10% dell’importo del debito già accordato ed oggetto di rinegoziazione.

A parere dello scrivente, solo in base a detta norma risulta possibile che i soggetti erogatore e beneficiario delle somme finanziate possano avvalersi delle tutele predisposte dalla disciplina emergenziale di cui al decreto in questione per operazioni di ristrutturazione del debito. Certamente le condizioni stabilite dal comma 1, lettera e) della disposizione in commento appaiono parzialmente meno vantaggiose di quelle, ad esempio, previste dalla lettera m) del medesimo articolo (prevedendo una garanzia massima al 90% e con obbligo di istruttoria e valutazione del merito creditizio). Tuttavia, è questa l’unica strada percorribile per progettare un’ampia e generale sanatoria delle pendenze debitorie pregresse.

Un ultimo appunto: le banche, come qualunque altro soggetto economico privato, operano in regime di concorrenza. Ciò significa che l’impresa che necessiti di nuova liquidità non è affatto tenuta a rivolgersi al proprio istituto di credito per l’erogazione di finanziamenti, che siano questi garantiti o meno. Pertanto, in caso di difficoltà ad ottenere le giuste condizioni economiche, l’imprenditore è legittimato a formulare domanda di finanziamento anche nei confronti di istituti differenti da quello proprio. Per quanto lapalissiana, tale verità risulta, nei fatti, molto spesso dimenticata, con conseguenze talvolta particolarmente spiacevoli.

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Metodo Legale è un brand di Antonio Maria Manco, avvocato iscritto presso l'albo degli avvocati di Lecce, con studio in via Mazzini 48 – 73040 Aradeo (LE) – Italia, cod. fisc.: MNCNNM82B17D862X – P.IVA: 04535580759

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