di Antonio Manco
Avvocato tributarista
La presente guida è stata realizzata per fornire un rapido e sintetico aiuto in favore dei contribuenti che subiscono una verifica fiscale da parte di agenti della Guardia di Finanzia o di funzionari dell'Agenzia delle Entrate presso i locali dove viene svolta l'attività imprenditoriale o professionale.

Conoscere bene i propri diritti e doveri è fondamentale per non commettere errori e prepararsi bene a situazioni difficili sotto molti punti di vista.
Oggi più che mai, inoltre, è importante impostare bene la difesa del contribuente già nelle primissime fasi dell'accertamento tributario. Frequentemente, infatti, gli errori realizzati durante i momenti iniziali della verifica compromettono in tutto o in parte la successiva attività difensiva del soggetto sottoposto ai controlli dell'amministrazione finanziaria.
1. Mantenere il giusto sangue freddo e farsi assistere da uno specialista.
Sembrerà forse un consiglio ovvio, eppure tutte le strategie difensive in tema di verifiche fiscali appaiono del tutto insufficienti quando non sono supportate dal giusto grado di consapevolezza e serenità.
E' quindi giusto ed utile, per il contribuente, prendere tutto il tempo necessario per rispondere alle richieste formulate; per recuperare la documentazione necessaria alla propria difesa, richiedendo termini per l'acquisizione di documenti non disponibili nell'immediato; per interpellare un professionista di fiducia prima di sottoscrivere i verbali redatti dai verificatori; per rispondere o meno alle domande proposte da questi ultimi (parlare non è obbligatorio...).
E' inoltre un preciso diritto del contribuente (ed è decisamente auspicabile che venga esercitato!) farsi assistere, durante le fasi dell'accesso e delle verifiche, da parte di un professionista abilitato alla difesa dinanzi agli organi di giustizia tributaria (art. 12, comma 2, legge 212/2000).
2. Riposare (relativamente) tranquilli. L’accesso non sarà di notte.
Risulta alquanto improbabile che il contribuente possa essere costretto a subire verifiche durante giorni festivi oppure in orari notturni.
Gli accessi della Guardia di Finanza devono infatti svolgersi, salvo i casi eccezionali ed urgenti adeguatamente documentati, durante l’orario ordinario di esercizio delle attività e con modalità tali da arrecare la minore turbativa possibile allo svolgimento delle attività del soggetto fiscalmente investigato, nonché alle sue relazioni commerciali e professionali (art. 12, comma 1, Legge 212/2000).
Nei limiti del possibile, gli agenti della G.d.F. devono quindi effettuare gli accessi nelle sedi dei contribuenti vestiti in borghese.
Inoltre, la permanenza degli operatori civili o militari dell'amministrazione finanziaria, dovuta a verifiche presso la sede del contribuente, non può superare i trenta giorni lavorativi, prorogabili per ulteriori trenta giorni nei casi di particolare complessità dell'indagine individuati e motivati dal dirigente dell'ufficio (art. 12, comma 5, legge 212/2000)
È pertanto diritto del contribuente chiedere alle Fiamme gialle o ai funzionari dell'Agenzia delle Entrate che vengano rispettati tali limiti ed accortezze al fine di evitare una presenza troppo “invasiva” da parte dei verificatori, che rischi oltretutto di inficiare l'attività economica del soggetto sottoposto ad accertamento.
3. Conoscere le ragioni giustificative dell'intervento.
La prima fase nella quale si articola l’attività di verifica fiscale riguarda l’accesso ai locali adibiti all’esercizio di attività d’impresa, artistica o professionale (art. 52, comma 1, d.P.R. 633/1972).
La cosa da verificare preliminarmente è l'esistenza e la legittimità dell'ordine di accesso, vale a dire il documento che autorizza i funzionari procedenti all’attività intrapresa e che può essere rilasciato solo dal "funzionario dirigente dell'ufficio", ovvero dal "comandante del reparto della Guardia di finanza".
Il contribuente ha dunque diritto di chiedere l’esibizione di tale documento, pretendendone copia appunto all'atto dell'accesso, unitamente alle tessere personali di riconoscimento degli operanti.
L’ordine di accesso dovrà contenere, oltre alla autorizzazione del comandante di reparto, la precisazione circa:
i funzionari/militari autorizzati ad eseguire l'accesso;
presso quali locali, in quale giorno ed in quali orari deve avvenire l’ispezione;
che tipo di controllo deve essere svolto.
Al contribuente devono essere enunciate "le ragioni giustificative dell'intervento". Il contribuente deve essere informato sulle ragioni che giustificano la verifica e sull’oggetto della stessa, precisando i periodi d’imposta e i settori impositivi (imposte dirette, IVA, ecc.) interessati.
In effetti, l’accesso, sulla scorta di quanto previsto dall’articolo 12, comma 1, della legge n. 212/2000 (Statuto dei diritti del contribuente) deve essere motivato da effettive esigenze di indagine e controllo sul luogo.
Peraltro tali adempimenti vengono molte volte disattesi da parte dei verificatori, i quali spesso evitano di esplicitare le ragioni del controllo; oppure, se una verifica è stata avviata per uno specifico periodo d'imposta, la stessa viene poi estesa ad altro periodo, in assenza di comunicazione al contribuente e di specifica autorizzazione da parte del responsabile della G.d.F. o dell'Agenzia delle Entrate; ed ancora, può avvenire che un controllo relativo ad un determinato tributo venga poi ampliato, sempre in assenza delle dovute autorizzazioni, ad altra tipologia di tributo.
Attenzione, infine, perché se l’accesso è effettuato presso locali adibiti ad uso promiscuo (ufficio-casa), l’ordine di accesso dovrà essere emanato non dal funzionario dirigente, bensì dal Procuratore della Repubblica il quale dovrà, inoltre, adeguatamente motivare tale ordine se l’accesso è effettuato presso abitazione privata.
4. Ciò che i verificatori NON possono fare.

Dopo essere avvenuto l’ingresso dei militari o dei funzionari in azienda o presso gli uffici (e purché, come visto, l’ordine di accesso sia risultato valido e legittimo ad una prima analisi), ha inizio la seconda fase della verifica fiscale, vale a dire quella della ricerca della documentazione contabile ed extracontabile presente in loco.
È importante, a questo punto, conoscere bene i diritti e i doveri del contribuente.
Di norma la fase materiale della ricerca può essere preceduta dalla richiesta al contribuente di esibire spontaneamente i documenti in suo possesso. Se questi si rifiuta, i verificatori potranno procedere al controllo in via autoritativa.
Tuttavia, il contribuente non è sempre tenuto ad esporre la documentazione richiesta dagli agenti, potendosi in alcuni casi legittimamente rifiutare senza incorrere in sanzioni.
Innanzitutto è vietato ai verificatori, in fase di ricerca documentale, sottoporre il contribuente a perquisizione personale.
Vige inoltre il divieto di procedere coattivamente all’apertura di plichi sigillati, borse, casseforti, mobili, ripostigli e simili che siano chiusi a chiave. Qualora tali modalità fossero ritenute opportune dai verificatori, costoro potranno attuarle solo con l’autorizzazione del Procuratore della Repubblica.
Ciò significa che i documenti non immediatamente disponibili, per i quali, cioè, non sia possibile l'acquisizione senza aprire una chiusura, comunque fissata, anche con una semplice manovra a mano, non possono essere utilizzati se non:
in presenza di specifica autorizzazione del Pubblico Ministero.
In mancanza della precedente autorizzazione, sulla base dell'esplicita autorizzazione da parte dello stesso contribuente soggetto a controllo.
Non rientrano in tali ipotesi i normali scaffali privi di serratura, i quali possono normalmente venire perquisiti in assenza di particolari autorizzazioni (Cassazione Sent. n. 10527 del 28.04.2017).
Come visto, poi, non è ammesso l’accesso in locali abitativi o ad uso promiscuo da parte degli agenti che non siano provvisti di valida autorizzazione da parte del PM, sicché neppure risulteranno acquisibili i documenti conservati all’interno di tali locali. A patto, sempre, che non siano spontaneamente esibiti da parte del contribuente.
Pertanto, l’apertura dei contenitori e dei luoghi sopra indicati, eseguita senza autorizzazione, sono da ritenere illegittime, determinando l’illegittima acquisizione dei documenti rinvenuti, con conseguente nullità degli atti e dei provvedimenti derivanti nonché l’eventuale responsabilità dell’agente contravventore.
Può essere interessante sapere di quale tipo di documentazione i verificatori andranno alla ricerca in tali ipotesi: trattasi principalmente di contabilità in nero quali appunti personali, annotazioni, informazioni e tutto ciò che possa costituire un valido elemento indiziario. Una volta individuati tali documenti, se gli agenti li riterranno tali da costituire prova presuntiva di atti finalizzati all'evasione d'imposta, spetterà al contribuente l'onere di fornire prova contraria.
5. Ciò che i verificatori POSSONO fare (e pretendere).
Se, da un lato, è vero che ricerca ed acquisizione di documenti in sede di verifica sono attività soggette a limiti rigorosi ed è diritto del contribuente pretendere il rispetto di tali vincoli da parte dei funzionari del fisco, è altrettanto vero ed importante sapere cosa, invece, costoro possono legittimamente richiedere e pretendere, onde evitare conseguenze particolarmente nefaste in capo al soggetto controllato (art. 52, commi 3 e 6, del D.P.R. 633/1972).
Intanto occorre dire che le operazioni di ricerca nei locali dell’azienda o dello studio professionale verranno avviate subito dopo la richiesta dei verificatori di esibizione, mediante invito al contribuente, della documentazione formulata dai verificatori.
Dopodiché le operazioni di ispezione avverranno d'autorità, dunque anche - laddove necessario - contro la volontà del contribuente.
Inoltre, se è rifiutata l’esibizione dei documenti e delle scritture contabili obbligatorie, tale documentazione, allorché venisse poi esibita in una fase successiva, potrà venire considerata ai fini dell'accertamento solo contro e non anche a favore del contribuente.
E’ bene sottolineare come per rifiuto all’esibizione debba intendersi anche la dichiarazione di non possesso della documentazione richiesta, anche nei casi di indisponibilità dipendenti da cause di forza maggiore (fatto salvo il caso di esibizione di denuncia di smarrimento, distruzione o furto della documentazione in questione).
La mancata produzione delle scritture contabili obbligatorie, o di parte di esse, può poi innescare la determinazione induttiva del reddito prodotto, ai sensi dell’articolo 39, comma 2, lettera c), DPR n. 600/73.
Pertanto è del tutto inutile ed anzi può risultare gravemente dannoso per il contribuente sottoposto a verifica nascondere o rifiutare l'esibizione delle scritture contabili obbligatorie (le quali possono variare a seconda della tipologia di contribuente e di contabilità da questi utilizzata).

In ogni caso è fondamentale sapere che:
La momentanea irreperibilità delle scritture contabili non implica, di per sé, il rifiuto di esibizione, essendo necessaria l’intenzionalità a non fornire la documentazione richiesta.
Un ritardo lieve, di qualche ora o di un giorno, nella esibizione della documentazione non può considerarsi rifiuto.
Laddove il contribuente dichiari che le scritture contabili si trovano in tutto o in parte presso terzi (ad esempio presso il commercialista), deve esibire una attestazione dei soggetti depositari recante la specificazione delle scritture in loro possesso.
La mancata attestazione di cui sopra, o - comunque - il rifiuto del contribuente all’accesso degli agenti, verrà interpretata come rifiuto di esibizione della documentazione.
Su richiesta del contribuente, l'esame dei documenti amministrativi e contabili può essere effettuato nell'ufficio dei verificatori o presso il professionista che lo assiste o rappresenta (art. 12, comma 3, legge n. 212/2000).
La mancata esibizione dell’attestazione, così come la dichiarazione di non possedere libri, registri, scritture e documenti deve essere fatto risultare nel verbale di verifica.
In ogni caso, è importante esibire documentazione utile alla difesa del contribuente anche laddove la stessa non sia richiesta da parte dei funzionari del fisco.
Corrispondenza commerciale, prove fotografiche o qualunque altro elemento che possa aiutare il contribuente nella propria difesa dovrà essere posto all'attenzione degli agenti sin da subito; a meno che tale produzione "facoltativa" non la si voglia utilizzare successivamente in sede di contenzioso. Tale scelta risulta possibile ma alquanto rischiosa e dovrà essere ponderata attentamente.
6. Acquisizione di documenti su computer aziendali.
Problemi particolari si pongono in caso di acquisizione di documentazione contabile o extracontabile direttamente da computer aziendale o professionale. Il tema, per ampiezza e problematicità, meriterebbe una trattazione a sé stante.
Si sottolineano tuttavia alcuni dati generali utili per la prima difesa del contribuente.
In linea generale i computer vanno considerati alla stregua di plichi sigillati sicché, in mancanza di espressa autorizzazione del contribuente, essi non potranno venire accesi e controllati se non sulla base di specifica autorizzazione del Pubblico Ministero (cfr. punto 5).
Medesimo discorso vale per le e-mail, a meno che le stesse al momento dell'accesso non risultino già aperte. Solo in tal caso i verificatori potranno prenderne cognizione pur in mancanza di autorizzazione da parte del magistrato.
L'acquisizione dei documenti informatici deve in ogni caso avvenire mediante l'utilizzo di accorgimenti tecnici idonei ad assicurare la conservazione dei dati originali, e ad impedirne l’alterazione (Cassazione Sent. n. 53810/17; Circolare della G.d.F., n. 1/2018 ).
7. Il momento più delicato (e importante)!
Il controllo della Guardia di Finanza o dei funzionari dell'Agenzia delle Entrate si conclude con la redazione e la consegna del Processo Verbale di Constatazione (PVC). D'altra parte, prima di tale documento - che costituisce la sintesi delle verifiche effettuate dai controllori - vengono redatti, per ogni giorno di verifica, i c.d. "verbali giornalieri", che a loro volta rappresentano i resoconti delle attività svolte da parte dei verificatori durante i singoli accessi.
Al riguardo, è decisivo sapere che il processo verbale costituisce un atto pubblico, ai sensi dell'art. 2700 c.c., e, pertanto, fa piena prova, fino a querela di falso, della provenienza del documento dal pubblico ufficiale che lo ha formato, nonché delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti (Cassazione Civile, sezioni unite - Sentenza n. 17355/2009).
Ciò significa che quanto verbalizzato in tali documenti (Verbali giornalieri e PVC) non potrà più essere contestato in fasi successive, perlomeno in riferimento alle dichiarazioni rese ed ai fatti avvenuti in presenza dei verbalizzanti e salvo querela di falso.

Pertanto intervenire correttamente nella redazione di tali documenti è fondamentale e costituisce, probabilmente, il momento più delicato dell'intera verifica.
E' dunque utile, per il soggetto sottoposto a controllo, tenere a mente quanto segue:
Innanzitutto è importante, per il contribuente, evitare di formulare dichiarazioni spontanee, perlomeno in assenza del proprio consulente. Le cose dette, una volta verbalizzate, diverranno - per così dire - indelebili ed utilizzabili contro il dichiarante.
E' fondamentale rileggere attentamente ogni singolo verbale giornaliero, prima di apporre la propria firma.
Allorché si abbiano osservazioni, puntualizzazioni e obiezioni rispetto a quanto verbalizzato dai verificatori, è necessario dichiararlo esplicitamente e pretendere che tali dichiarazioni vengano anch'esse verbalizzate, nella loro esattezza.
Il contribuente può legittimamente rifiutare di firmare i processi verbali quando non ne condivida il contenuto, sempre esplicitando per iscritto i motivi del proprio rifiuto.
Una volta redatto il Processo verbale di constatazione, con il quale vengono concluse le operazioni di verifica, il contribuente ha diritto di comunicare agli organi di controllo osservazioni e richieste, entro 60 giorni dal rilascio di copia del PVC (art. 12, comma 7, legge 212/2000).
Pertanto, prima del decorso del suddetto termine di 60 giorni, l'amministrazione finanziaria non potrà procedere mediante notifica di avvisi di accertamento, salvo in casi di specifiche e motivate ragioni di urgenza, a pena di illegittimità e nullità dell'atto impositivo (Cassazione SS.UU., sent. 18184/2013; Cassazione SS.UU., sent. 1869/2014).
8. Accesso presso gli studi professionali.
Accessi e controlli presso gli studi professionali da parte di G.d.F. e Agenzia delle Entrate subiscono, rispetto alle altre tipologie di verifiche, un trattamento normativo in parte differenziato (art. 52, d.P.R. n. 633/1972).
L'accesso presso i locali di professionisti deve necessariamente eseguirsi alla presenza del titolare dello studio o di un suo delegato, ciò al fine di garantire il rispetto del segreto professionale (non così, invece, in caso di accesso presso le aziende, ove è sufficiente la presenza di soggetto che vi lavori ordinariamente).
In assenza del titolare dello studio, pertanto, i verificatori non potranno intervenire d'autorità.
Qualora nel corso delle operazioni ispettive il professionista eccepisca il segreto professionale, le attività della Guardia di Finanza o dei funzionari dell'Agenzia delle Entrate dovranno venire interrotte al fine di ottenere specifica autorizzazione da parte del magistrato competente (art. 103, art. 200, art. 256 c.p.p.).
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