La donna leccese non solo ha ridotto notevolmente il proprio debito con le banche, ma ha anche evitato il pignoramento di casa e stipendio.

Lecce. Un’impiegata presso la Pubblica Amministrazione, a causa di alcune vicissitudini personali e familiari, si era ritrovava in balia della crisi economica e quindi costretta a chiedere numerosi finanziamenti a banche e finanziarie, fino a giungere al punto di non essere più in grado di ripagare i propri debiti.
Cominciavano così a sopraggiungere, sempre più insistenti, le richieste di rientro da parte delle banche, con sconforto della debitrice, del tutto impreparata ad affrontare le numerose chiamate ed intimazioni scritte di pagamento. Oltretutto l’impiegata in questione non aveva alcun margine di trattativa con le finanziarie creditrici, posto che la stessa risultava (e fortunatamente ancora risulta) proprietaria di un appartamento nel centro di Lecce nonché titolare di un buon reddito mensile.
Per come si era posta la situazione, dunque, la debitrice rischiava di perdere tutto: innanzitutto la propria abitazione familiare, acquistata a costo di gravi sacrifici economici; in secondo luogo, le banche avrebbero potuto aggredire la busta paga ed i risparmi della signora, con pignoramenti del quinto dello stipendio, del TFR e dell’intero conto corrente.
Negli attuali tempi di crisi quella descritta rappresenta una situazione piuttosto comune sebbene drammatica. Tribunali ed aste giudiziarie sono infatti sovraccarichi di procedure di pignoramento e di esproprio. In effetti questo sarebbe stato il destino naturale della vicenda accennata se la debitrice non si fosse rivolta agli strumenti previsti dalla legge «salva suicidi» (L. 3/2012) ed alla consulenza di professionisti specializzati.
Ebbene, grazie alla proposizione di un piano del consumatore, veniva “condonata” una

somma di ben € 86.500,00, residuando a carico della ricorrente un debito molto inferiore rispetto a quello di partenza e finalmente compatibile con le capacità economiche della debitrice, la quale ha in tal modo ridotto notevolmente la propria esposizione debitoria, preservando inoltre patrimonio e reddito da azioni di recupero da parte delle finanziarie creditrici.
Occorre sottolineare come come il piano del consumatore omologato sia stato ritenuto dal Giudice la migliore soluzione possibile anche da punto di vista degli enti creditori, i quali - in caso di accesso all'alternativa liquidatoria - sarebbero stati probabilmente soddisfatti in misura meno ampia rispetto a quanto previsto dal piano proposto.
E' dunque nel giusto equilibrio dei reciproci diritti ed interessi - sia quelli della debitrice che quelli delle banche creditrici - che va posta la decisione del Giudice di Lecce, il quale ha inteso, secondo lo spirito e le disposizioni della legge, stabilire un equilibrio fra le contrapposte posizioni delle parti.
Importante è soprattutto uno dei principi esposti nel provvedimenti di omologa del Piano del consumatore: il Giudice della procedura, infatti, ha stabilito che l’OCC “nella sua relazione deve indicare anche se il soggetto finanziatore, ai fini della concessione del finanziamento, abbia tenuto conto del merito creditizio del debitore, e, valutato in relazione al sua reddito disponibile, dedotto l'importo necessario a mantenere un dignitoso tenore di vita".

In altre parole, è stato ritenuto che uno dei motivi della condizione di sovraindebitamento della ricorrente fosse addebitabile alla colposa condotta degli istituti di credito i quali, non avendo tenuto conto della reale solvibilità della debitrice, avrebbero svolto una censurabile attività di sovrafinanziamento, in tal modo contribuendo in maniera determinante a rendere meritevole il piano del consumatore proposto ed il conseguente stralcio delle somme dovute.
DI SEGUITO SI ALLEGA IL PROVVEDIMENTO DI OMOLOGA




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