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Uscire dai debiti: la strada per consumatori e imprese

Immagine del redattore: metodolegalemetodolegale

Aggiornamento: 28 apr 2020

Una chance finora poco utilizzata. Con la crisi da Covid-19 i tempi sono però ormai maturi

 

Introdotta nel 2012 per permettere anche ai consumatori e alle piccole imprese che non riescono a far fronte ai propri debiti di trovare una via d’uscita dalla situazione di crisi, la legge 3, anche conosciuta come “legge salvasuicidi”, è stata fino ad oggi scarsamente utilizzata.

Remore culturali e poca informazione hanno penalizzato il ricorso a nome che possono consentire ai privati cittadini e a PMI non soggette al fallimento di arrivare a un accordo agevolato con i creditori e di estinguere il proprio debito. Secondo i dati del Ministero della Giustizia, nel 2018, le procedure arrivate agli Organismi di composizione della crisi (OCC), e cioè ai soggetti costituiti dalla legge 3 per assistere il debitore nella procedura, sono state 4391, in maggioranza (49%) provenienti dalle regioni del Nord.

Si tratta invece di una chance che, soprattutto oggi, è bene considerare e conoscere, viste le difficoltà economiche causate dall’emergenza coronavirus, perché può consentire al consumatore e alle piccole imprese di ripartire.

La legge

La legge 3 del 27 gennaio 2012 disciplina le situazioni di sovraindebitamento, ossia di crisi o di insolvenza di soggetti esclusi dal fallimento: comuni cittadini, consumatori, professionisti, imprenditori non commerciali, o imprenditori commerciali molto piccoli che non raggiungono i requisiti dimensionali richiesti per il fallimento.

Le procedure sono tre: piano del consumatore, accordo di composizione della crisi e liquidazione.


Il piano del consumatore

È la prima delle procedure previste dalla legge 3 ed è rivolta ai soli consumatori, ossia alle persone fisiche che si sono indebitate per motivi personali o per scopi estranei all’attività di impresa, o commerciale eventualmente svolta. Le ragioni possono essere le più diverse: dalle spese mediche alle vacanze o alle spese per l’acquisto di un nuovo soggiorno di casa.

È una procedura di natura concordataria ma senza voto dei creditori, ai quali è consentito solo sollevare contestazioni (per evitare che sul voto possano influire ragioni personali). In altre parole, i creditori sono soggetti eventuali della procedura, i cui soggetti necessari sono solo il debitore, il giudice e l’OCC. Il debitore formula una domanda relativa a una proposta di soddisfacimento dei creditori, dal contenuto libero; e la presenta attraverso l’OCC, al giudice competente, il quale accerta la meritevolezza del debitore e procede alla omologazione del piano verificandone la fattibilità.

L’accordo di composizione

Questa procedura può essere utilizzata da tutti i soggetti esclusi dal fallimento e quindi sia dagli imprenditori non fallibili che dai professionisti e dai consumatori.

Oggi questi ultimi, in particolare, possono quindi scegliere fra il Piano del consumatore, riservato esclusivamente a loro, e l’accordo di composizione. A differenza del piano, l’accordo richiede il voto favorevole dei creditori (ed è assimilabile, infatti, al Concordato preventivo): per l’esattezza, in una maggioranza pari al 60% dei crediti ammessi al voto. Per i creditori può essere preferibile un pagamento spontaneo, anche se ridotto, piuttosto che una procedura esecutiva costosa e con tempi ed esiti imprevedibili.

Per il consumatore, in linea di principio, il Piano appare preferibile, perché non richiede il voto dei creditori, ma è forse più aleatorio, poiché la sua omologazione è rimessa alla valutazione del tribunale. Nel caso dell’accordo, invece, l’elemento decisivo è il voto dei creditori, del quale il Tribunale deve prendere atto: il consumatore sarà quindi più tentato dall’accordo nel caso in cui potrà confidare nel voto favorevole della maggioranza.

La liquidazione

Come l’accordo di composizione della crisi è assimilabile al concordato preventivo, così la liquidazione lo è al fallimento del quale riproduce e riprodurrà, mutatis mutandis, lo svolgimento e finalità.

Questo vuol dire che, in linea di massima, la liquidazione è funzionale alla pura e semplice vendita dei beni che compongono l’attivo, per ripartirne il ricavato fra i creditori.

Il Codice della crisi

In futuro la legge 3/2012 confluirà nel Codice della crisi, con diverse modifiche. L’entrata in vigore è stata però rinviata al 1° settembre 2021 (era prevista il 15 agosto 2020). Fra gli obiettivi delle modifiche c’è anche il maggior successo delle procedure: dai dati 2018, emerge che sia per gli accordi che per i piani del consumatore il 60% dei procedimenti non va a buon fine e si chiude con la rinuncia da parte del debitore a proseguire l’iter o con la chiusura d’ufficio da parte dell’ OCC.

La ragione spesso sta nel fatto che il debitore è privo di denaro da offrire ai creditori o comunque è privo di risorse. Una delle novità più importanti riguarda proprio l’esdebitazione e permette al debitore (una sola volta e salvo l’obbligo di pagamento entro i 4 anni successivi in caso di ulteriori entrate) di godere della liberazione dai debiti non onorati anche quando non offra alcuna utilità ai creditori.



Fonte: Sole 24 Ore

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